![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/1.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/2.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/3.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/4a.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/5.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/6.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/7.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/9.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/10.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/11.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/12.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/13.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/14.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/15.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/16.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/17.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/18.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/19.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/20.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/21.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/22.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/23.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/24.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/25.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/26.jpg)
![](https://www.studioloproject.com/public/2%20DRAWINGSSSSSSSS/MEZZO%20MED.jpg)
Studiolo è lieto di presentare DRAWINGSSSSSSS, una collettiva intergenerazionale di 25 artisti nati tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XXI, sia italiani che internazionali che amano, ed hanno amato, sperimentare con il disegno e l’uso della carta.
“Un grande foglio bianco di carta da disegno è steso sul tavolo liscio, davanti a me. Una giusta luce lo illumina da sinistra, una luce diffusa senza ombre, uniforme. La temperatura è di venti gradi, io sono seduto su di uno sgabello all’altezza giusta davanti all’immenso biancore del foglio di carta. Sul foglio è appoggiata una matita bene appuntita, con la punta rivolta verso me, quasi per indicarmi, come per invitarmi a tenerla in mano… Lentamente la mano prende la matita e comincia a tracciare con un segno appena visibile, lo spazio nel quale apparirà l’immagine pensata…L’energia che trasporta l’immagine attraverso il braccio e la mano, cerca di raffigurarla con la mina della matita che si muove sul foglio…Come figura che appare nella nebbia e viene verso di me, l’immagine che prima era nella mia mente ora è nel foglio, i particolari diventano sempre più nitidi, l’immagine ormai presente. Quello che prima vedevo io con la mia immaginazione, ora lo può vedere chiunque”.
È Bruno Munari, che, nel testo “Del disegno a matita”, ci parla del momento esatto in cui edifichiamo quel ponte magico tra l’immaginazione e la sua corrispondente segnica.
Declassato spesso quale tappa iniziale di una creazione, come bozza o appunto marginale è in verità il luogo in cui è facile che si nasconda l’espressione più libera dell’artista; quello spazio di lavoro nel quale condensare bisogni istintuali, dissoluti ed esteticamente “maleducati” – talvolta testimoni segreti degli impulsi del nostro immaginare più recondito – facilmente occultabili al mondo tra le pieghe di una cartella o dentro un quaderno. In un mondo che ci invita, insistentemente, a perdere il contatto con la manualità e, in generale, a capitalizzare le proprietà della distanza piuttosto che l’esperienza fisica; dove il rapporto con il foglio è mediato da uno schermo – e il pensiero sembra spesso appiattirsi come esso – ora, come non mai, abbiamo trovato importante una mostra che valorizzasse l’estremo opposto. Una difesa verso questa azione concettualmente e materialmente fragile, ma per gli artisti forma di resistenza concreta, trincea contemporanea dal quale difendersi da tutto ciò.
Questa attitudine “underground” verso l’autoconservazione spinge l’artista, soprattutto tramite il disegno, a ritornare alla semplicità di alcuni punti “0”: definire i movimenti e le azioni del corpo, dal ritratto all’autoritratto, descrivere i suoni che non abbiamo la facoltà di ascoltare o dare consistenza al pensiero, al sogno o semplicemente alla transitorietà di una cosa vista. Con una risoluzione spesso veloce e asciutta, in bianco e nero, a colori e con qualsiasi tecnica possa permanere sopra un foglio di carta (qualunque esso sia) ci si oppone alle inevitabili meccaniche economico-sociali del sistema, diventando spesso – e spesso ad insaputa dello stesso – il territorio di maggiore avanguardia, visionarietà e sensibilità dello studio di un artista.
Affinché si possa raggiungere la più emancipata forma di creatività, per portare l’arte al suo compimento più alto e ad una esistenza durevole, è necessario coltivare pensieri liberi e senza alcuna forma di accondiscendenza; si deve al disegno il primo alfabeto, si deve al disegno la prima struttura prospettica e si deve al disegno la scoperta volumetrica del corpo e le sue fattezze, saremo ulteriormente ad esso debitori, per dischiuderci il lato più onesto e incorruttibile della creatività artistica.