DADDOVERO

with Lupo Borgonovo, Valeria Carrieri, Martina Cioffi, Enzo Cucchi, Marco Gobbi, Deborah Martino, Luigi Presicce and Charlotte Simonnet | Opening Thursday, April 04, 6-9 pm, until Saturday June 29th, 2024







































ph: Michela Pedranti


Studiolo è lieto di presentare Daddovero, mostra collettiva degli artisti Lupo Borgonovo, Valeria Carrieri, Martina Cioffi, Enzo Cucchi, Marco Gobbi, Deborah Martino, Luigi Presicce e Charlotte Simonnet, a cura di Maria Chiara Valacchi e Antonio Di Mino.

Daddovero è uno dei tanti, bellissimi, avverbi arcaici usati dallo scrittore Carlo Emilio Gadda per innescare il motore del suo travolgente «voltaggio espressivo», quell’energia poetica con la quale poter restituire la complessa autenticità del reale. Nello scrittore vige l’insopprimibile urgenza di trovare ordine nel garbuglio della vita, un bisogno che nei suoi testi risolve con l’uso di un lessico straripante di zoomate, sottoinsiemi, idiomi remoti, aulici, poetici e rurali che, con lo stesso meccanismo di un ipertesto, lo aiutano a scandagliare le “cose” sin dalla loro origine in quanto inevitabili prodotti di infinite relazioni, passate e future, reali o possibili; avanti e indietro in un’ipotetica linea del tempo, alla ricerca delle impronte primigenie da traghettare verso il futuro.

Per andare molto avanti, Gadda, aveva avuto bisogno di tornare indietro e mettere tutto in relazione. Una passione – quella verso i “viaggi” a ritroso e le ricostruzioni – che riesce a rastremare anche i ben 51 anni di differenza che passano tra il più grande e il più giovane degli otto artisti presenti in mostra (tutti nati tra il 1949 e il 2000), rendendo possibile scorgere, sebbene le diversità generazionali, degli atti creativi dalle frequenze assonanti e capaci di traslare in intimi lessici soggettivi l’oggettività del mondo. Esattamente come degli archeologi, agiscono nel presente ma sono gli anelli di congiunzione indispensabili tra passato e futuro, desiderosi di strappare all’oblio frammenti di gloria da poter reimmettere in questo gaddiano “Sistema di Sistemi” che è il nostro quotidiano. Instancabilmente vanno a caccia di tracce residue: particelle di storia, miti o leggende; reperti materiali e letterari; tradizioni, detti e costumi di provenienza popolare e delle inesauribili derive simbolico-allegoriche contenute negli elementi naturali e nel mondo animale, prodigandosi in un minuzioso recupero della lacuna e amplificandone (o alterandone) i significati in base alle loro urgenze. Restituiscono alla collettività un’opera d’arte che, come asseriva Cesare Brandi, è tale se ha la capacità di farsi ricreare.

Occupandosi di linguaggi umani in fin dei conti l’artista non potrebbe (e dovrebbe) fare altrimenti: “quale la proposizione che non implichi l’universo intero?” – Dice Borges ne La scrittura del dio – “dire la tigre è dire le tigri che la generarono, i cervi e le testuggini che divorò, il pascolo di cui si alimentarono i cervi, la terra che fu madre del pascolo, il cielo che dette luce alla terra […]”…e cosi via. Sul piano inclinato di questa inesauribile dinamica cosmica Enzo Cucchi scivola veloce da più di quarant’anni, facendo delle sue opere il campo di battaglia di queste continue collisioni e insegnandoci, a sua volta, che è impossibile parlare del presente ed essere visionari senza partire da qualcosa che già esiste…che esso sia anche solo un sogno o un incubo. La soluzione a questo infinito intrigo di cause ed effetti è concedersi dei momenti di contemplazione svincolati dal rumore “diruto” del mondo che ci circonda; guardare le cose – come una volta ci disse lo stesso Cucchi nel suo studio – con la stessa purezza di come le guarda un gatto, perché solo con una tale neutralità è possibile “guardare e re-immaginare l’immagine, …imparare a guardare per non essere mai rappresentativo”; un valore che sentiamo vivo, ancor oggi, tra le nuove generazioni, daddovero!


Studiolo is pleased to present Daddovero, a group exhibition featuring artists Lupo Borgonovo, Valeria Carrieri, Martina Cioffi, Enzo Cucchi, Marco Gobbi, Deborah Martino, Luigi Presicce, and Charlotte Simonnet, curated by Maria Chiara Valacchi and Antonio Di Mino.

Daddovero is one of the many beautiful archaic adverbs used by the writer Carlo Emilio Gadda to ignite the engine of his overwhelming «expressive voltage», that poetic energy with which he could restore the complex authenticity of reality. In the writer, there is an unstoppable urgency to find order in the tangle of life, a need that in his texts he resolves through the use of an overflowing lexicon of zooms, subsets, remote, courtly, poetic, and rural idioms that, with the same mechanism of a hypertext, help him to explore the "things" from their origin as inevitable products of infinite relations, past and future, real or possible; forward and backward in a hypothetical timeline, searching for the primal imprints to ferry towards the future.

To go far ahead, Gadda needed to step back and relate everything. A passion – towards backward “journeys” and reconstructions – that manages to narrow down even the 51-year age difference between the oldest and youngest of the eight artists of the exhibition (all born between 1949 and 2000) making it possible to discern, despite generational differences, creative acts with resonant frequencies capable of translating the objectivity of the world into intimate subjective lexicons. Just like archaeologists, they act in the present but are indispensable links between past and future, eager to snatch fragments of glory from oblivion to reintroduce them into this gaddian “System of Systems” that is our daily life. Tirelessly, they hunt for residual traces: particles of history, myths or legends; material and literary artefacts; traditions, sayings, folk traditions, and the inexhaustible symbolic-allegorical derivations contained in natural elements and the animal world, striving for a meticulous recovery of the gap and amplifying (or altering) its meanings according to their urgencies. They give back to the group show a work of art that, as Cesare Brandi asserted, is such if it has the capacity to be recreated.

Dealing with human languages, ultimately the artist couldn't (and shouldn't) do otherwise: "What proposition doesn't imply the entire universe?" - Borges says in The Writing of the God – "to say tiger is to say the tigers that generated it, the deer and tortoises it devoured, the grazing the deer fed on, the land that was the mother of the pasture, the sky that gave light to the land [...]” and so on. On the inclined plane of this inexhaustible cosmic dynamic, Enzo Cucchi has been sliding swiftly for over forty years, making his works the battleground of these continuous collisions and teaching us, in turn, that it is impossible to speak of the present and be visionary without starting from something that already exists... even if it is just a dream or a nightmare. The solution to this infinite intrigue of causes and effects is to allow oneself moments of contemplation detached from the "ruined" noise of the world around us; to look at things – as Cucchi himself once told us in his studio – with the same purity as a cat does, because only with such neutrality is it possible to "look and re-imagine the image, ...learn to look without being representative"; a value that we feel alive, even today, among the new generations, daddovero!


26/03/2024